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I 20 anni della Privacy, Soro: “E’ diritto collettivo

Mentre è sempre più vicina l’applicazione nell’Unione europea del nuovo Regolamento sulla protezione dei dati personali, che ha come deadline il 25 maggio2018, in Italia ricorrono i vent’anni di una normativa che ha segnato un cambiamento decisivo nella cultura dei diritti: l’8 maggio del 1997 entrava infatti in vigore la prima legge sulla privacy, la legge n.675 del 1996, poi confluita nel 2003 nell’attuale Codice per la privacy.

fonte:Corcom daily news

 

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Telemarketing: Botta e risposta fra MISE e Garante Privacy

Regole a maggior tutela dei consumatori. Il ministero dello Sviluppo economico risponde alle preoccupazioni del Garante della Privacy sul tema dell’emendamento relativo alle comunicazioni commerciali inserito nel Ddl Concorrenza.

“L’emendamento, di origine parlamentare, è chiaramente finalizzato a fornire un ulteriore strumento di tutela dei consumatori. Il testo si pone infatti l’obiettivo di consentire a tutti gli utenti a prescindere dal fatto di essere o meno iscritti al registro delle opposizioni, di respingere eventuali chiamate non desiderate – spiega una nota del Mise – L’esigenza di maggior tutela discende del resto dalla diffusa percezione di inefficacia del sistema vigente come testimoniano le numerosissime segnalazioni che pervengono allo stesso Garante della privacy”.

fonte: Corcom daily news

 

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Call center, si cambia. Firmato un protocollo a palazzo Chigi: l’80% dei nuovi servizi erogato in Italia

Limitare la delocalizzazione fissando all’80% la soglia dei nuovi servizi che saranno erogati in Italia. È un protocollo firmato a palazzo Chigi, alla presenza del premier Paolo Gentiloni e del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, a rivoluzionare il il settore dei call center.

In particolare il protocollo, che avrà una durata di 18 mesi e sarà soggetto a verifica annuale, impegna tredici grandi aziende a limitare la delocalizzazione fissando, come ha spiegato Calenda, “come primo caso in Europa all’80% la soglia dei servizi erogati in Italia” e prevedendo anche che “il 95% delle attività svolte in via diretta sia effettuato in Italia entro sei mesi dalla stipula e che per i nuovi contratti almeno l’80% dei volumi in outsorcing sia effettuato sul territorio italiano”.

Le tredici imprese che hanno firmato il protocollo sono: Eni, Enel, Sky, Intesa Sanpaolo, Tim, Fastweb, Poste italiane, Trenitalia, Ntv, UniCredit, Wind-Tre, Vodafone e Mediaset.

fonte: Huffpost

 

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E-fattura B2B obbligatoria contro l’evasione, Padoan in pressing sulla Ue

Fatturazione elettronica obbligatoria tra privati per tagliare il cuneo fiscale e combattere l’evasione dell’Iva. È l’ipotesi a cui sta lavorando il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan – secondo quanto riporta il Sole 24 Ore – ma che necessita del via libera di Bruxelles. Secondo la Commissione europea la fatturazione elettronica tra privati può essere solo un’opzione e nessuno Stato membro può imporla per legge. Un divieto che però il Mef è convinto di poter superare in nome di una lotta serrata all’evasione Iva e di un utilizzo delle risorse recuperate in funzione della riduzione del cuneo fiscale.

fonte: Corcom news

 

E-privacy, ok dei Garanti Ue al giro di vite sugli Over the top

Il Gruppo Articolo 29 approva la direttiva che modificherà le regole sul trattamento dati nelle comunicazioni elettroniche: “Ma serve uno sforzo maggiore sulla privacy by design e sul trattamento dei metadati degli utenti”

Le autorità nazionali della privacy hanno dato risposta positiva sulla direttiva e-privacy della Commissione europea che andrà a modificare e uniformare l’attuale quadro normativo continentale in materia di circolazione dei dati personali nelle comunicazioni elettroniche. Il Gruppo Articolo 29 ha infatti adottato una parere positivo sulle proposte.

I Garanti si sono detti favorevoli ad estendere le regole originariamente destinate alle telco anche agli Ott, in particolare per quanto riguarda la riservatezza delle comunicazioni così come all’aggiornamento delle norme sul monitoraggio.

Tuttavia le autorità nazionali hanno rilevato criticità su quattro punti. Servirebbero regole più forti per ottenere il consenso dell’utente a monitorare i dispositivi Wi-Fi, controlli più severi in materia di trattamento dei metadati dell’utente e divieto d’uso dei “cookies walls” se i cookie non sono accettati. Inoltre si chiede un maggiore sforzo sulla “privacy by design” nei device di modo che gli utenti possano sempre cambiare le loro impostazioni di privacy, senza fare affidamento su cookie o software di terze parti.

Il Gruppo Articolo 29 ha inoltre approvato le linee guida di attuazione del nuovo regolamento generale sulla protezione dei dati per le imprese. Via libera dunque alla nomina di un responsabile ad hoc per la privacy e alla creazione di un codice di condotta per le app sanitarie.

Intanto il Garante europeo per la protezione dei dati personali ha lanciato un toolkit per aiutare i responsabili politici a indentificare l’impatto delle nuove regole sulla protezione dei dati e determinare quando sia necessario limitare il diritto alla privacy.

fonte: corrierecomunicazioni.it

 

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Call center: delocalizzazione in Paesi extra UE

Dal 28 marzo 2017 nuova procedura telematica di comunicazione per gli operatori economici che trasferiscono in Paesi extra-UE l’attività di call center. Disponibile il modello di comunicazione UNI_Deloc_Call_Center.

Qualora un operatore economico decida di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center fuori dal territorio nazionale in un Paese extra UE deve dare comunicazione, almeno trenta giorni prima del trasferimento agli enti preposti (MiSE, Garante privacy, Ministero del lavoro, Ispettorato nazionale del lavoro).
L’obbligo di comunicazione riguarda tutti gli operatori che si occupano di servizi di call center, anche in maniera non prevalente, a prescindere dal numero dei dipendenti.
Dal 28 marzo 2017 sui siti internet istituzionali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell’Ispettorato nazionale del lavoro è disponibile il modello telematico di comunicazione UNI_Deloc_Call_Center .
Fino al 28 marzo, le comunicazioni potevano essere effettuate inviando all’indirizzo deloc_callcenter@lavoro.gov.it la tabella in formato excel presente all’interno del portale Cliclavoro.

fonte: Ipsoa

 

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Iper e super ammortamento Industry 4.0: ecco le vere innovazioni e i limiti

Mettiamo in luce quali sono le vere novità che arrivano con la nuova circolare di chiarimento su super e iperammortamento fiscale per l’Industria 4.0. Nel bene e nel male
All’indomani della circolare sull’iper ammortamento Industry 4.0, mi limito a commentare la chiave di lettura (industriale e competitiva) che l’Agenzia delle Entrate, tramite le sua intepretazione fiscale, contribuisce a dare a questa materia.

Chiave di lettura che, devo dire, mi ha favorevolmente impressionato.

A mio avviso:

E’ un documento atteso, di cui si sentiva il bisogno data l’articolazione della materie, e che raccoglie e precisa i criteri di applicazione del PNI4.0. Non vi sono cambiamenti o stravolgimenti rispetto al piano, anzi si coglie l’occasione per ribadirne i principi ispiratori (e.g. neutralità tecnologica, attenzione al contesto italiano).

L’Agenzia, dal canto suo, introduce alcuni principi interessanti:

Protezione dell’interesse nazionale, prestando attenzione affinché il beneficio sia goduto da soggetti con attività reale in Italia
Protezione del comparto industriale e manifatturiero, concentrando e precisando l’azione del piano a beneficio delle attività del settore primario e secondario. Questo è reso evidente nelle specificazioni relative al software/beni immateriali e alle esclusioni previste (no ERP generico, no document management, no CRM, etc.)
Una elevata flessibilità operativa: l’Agenzia vuole contemplare casi molto diversi (acquisto, ma anche leasing, comodato, etc.), così come situazioni elaborate (macchine nuove, revamping di beni pre-esistenti, beni parzialmente usati), con l’evidente intento di aprire le opportunità di utilizzo degli incentivi ai numerosi casi che le imprese italiane possano avere.

fonte: agenda digitale

 

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Le tecniche di fidelizzazione non rendono più come un tempo

I programmi di fidelizzazione con cui le aziende cercano di tenersi i clienti non danno più i risultati sperati e per questo bisogna concentrare gli sforzi e gli investimenti su elementi che realmente funzionino nell’era digitale: dalle offerte personalizzate ai prodotti su misura, sino all’offerta di esperienze che coinvolgano realmente i consumatori.
E la conclusione della ricerca di Accenture Strategy intitolata «Seeing beyond the loyalty illusion: it’s time you invest more wisely» (Vedere oltre l’illusione della fedeltà: è tempo di investire in maniera più intelligente) che rivela l’atteggiamento di oltre 25 ,4 mila consumatori in tutto il mondo, di cui 1.501 italiani, in merito alla loro fedeltà a marchi e aziende.
Dallo studio è emerso che una larga maggioranza dei consumatori italiani (1’87%) abbandona sempre più spessi i programmi di loyalty, mentre il 60% ha cambiato fornitore nel corso dell’ultimo anno e quasi un quarto (il 24%) ha confermato che le proprie aspettative in termini di fedeltà al marchio sono completamente cambiate.

fonte: Italia Oggi

 

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Call center: nuova comunicazione con quali modalità?

A partire dal 28 marzo 2017 sarà disponibile il modello di comunicazione da inviare al Ministero del lavoro e all’Ispettorato nazionale del lavoro da parte delle aziende che hanno al proprio interno un servizio di call center e che vogliano localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività fuori dal territorio nazionale in un Paese che non è membro dell’Unione europea. La comunicazione deve essere inviata, per via telamatica, almeno 30 giorni prima del trasferimento indicando i lavoratori coinvolti: con quali modalità operative?

Il Ministero del Lavoro, con la nota prot. 1328 del 1° marzo 2017, fornisce alcuni chiarimenti operativi circa le nuove disposizioni in materia di occupazione nelle attività di call center. In particolare, il Ministero illustra le modalità di comunicazione, alla pubblica amministrazione, da parte di tutte le aziende che hanno al proprio interno un servizio di call center, qualora vogliano localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività fuori dal territorio nazionale, in un Paese che non è membro dell’Unione europea (articolo 24-bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, come modificato dall’articolo 1, comma 243, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 – c.d. legge di Bilancio 2017).
Destinatari

 

fonte: rete8.it

 

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Reintegrati i lavoratori licenziati dalla 3G di Sulmona

Il Giudice del Lavoro accoglie i ricorsi di 51 lavoratori licenziati dal call center 3G di Sulmona. Dovranno riavere anche 12 mensilità.
Festeggiano vittoria i 51 dipendenti del call center 3G di Sulmona che avevano impugnato i licenziamenti (in tutto 82) scattati nel 2015.

Il Giudice del Lavoro del Tribunale peligno ha infatti ordinato la reintegra e condannato l’azienda al rimborso di 12 mensilità arretrate, con le relative contribuzioni: un conto salato che si aggira complessivamente attorno ai 2 milioni di euro. Secondo i ricorrenti l’azienda aveva proceduto al piano di ristrutturazione senza tener conto dei criteri di anzianità, dei carichi familiari e della possibilità di trasferimenti in altre unità operative. Una violazione dei princìpi dello Statuto dei Lavoratori che il giudice ha ritenuto palese, annullando nella sostanza gli effetti della decisione. La sentenza di Sulmona del resto è in linea con le analoghe decisioni già prese dalla magistratura sia a Chieti che a Campobasso. Proprio in Molise in queste settimane la 3G ha attivato una nuova procedura con 248 esuberi, rispetto alla quale è già alta l’attenzione dei sindacati, pronti a vigilare affinché anche in Abruzzo i lavoratori appena rientrati dalla finestra non vengano nuovamente rimessi… alla porta.[/fusion_text][fusion_text]

fonte: rete8.it

 

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Economia digitale, cloud e IoT spingono la timida ripresa dell’Italia

Il mercato italiano 2.0 è cresciuto dell’1,8%, rileva l’ultimo studio Assinform-Netconsulting, toccando i 66 miliardi di euro grazie ai servizi in nuvola e all’Internet delle Cose. Bene anche il mobile e la cybersecurity. Ma il gap con l’Europa resta elevato
Andrea Frollà
Servizi legati alle tecnologie dell’informazione spinti dal boom del cloud e servizi software trainati soprattutto dalle nuove tecnologie IoT. È questo il duo che permette all’economia digitale di confermare alcuni segnali positivi e di proiettarsi in un 2017 di conferma della ripresa. Il mercato italiano 2.0 ha da poco ripreso a crescere dopo anni di difficoltà, raggiungendo nel 2016 un giro d’affari da 66 miliardi e crescendo dell’1,8%.
I dati contenuti nella fotografia annuale scattata da Assinform, associazione del network Confindustria che raggruppa le principali aziende del settore, e NetConsulting Cube, restituiscono un mercato che sta provando a rimettersi in moto con decisione sfruttando i principali driver della digital economy. Il cloud e l’Internet of Things, ad esempio, hanno fatto segnare una crescita rispettivamente del 23 e le 14,3%. Proseguono sulla falsariga dei ritmi registrati fra 2014 e 2015 anche il business mobile (+13% in un anno) e le soluzioni di cybersecuirty (+11%). Da segnalare anche il numero delle startup innovative cresciute del 31% fino a quota 6.745, mentre progressi meno sostenuti si sono visti sul fronte banda larga fissa, oggi utilizzata da 15,4 milioni di utenti (il 4% in più rispetto al 2015).
“Siamo oltre i timidi segnali di un anno fa ed è la conferma netta della ripresa degli investimenti nell’innovazione tecnologica nel nostro Paese – commenta Agostino Santoni, presidente di Assinform – Certo, servirebbe ancora più spinta”. Questi numeri ci tengono infatti ancora ben lontani dalle migliori performance europee, come ha da poco certificato il Digital economy and society index dell’Unione Europea che ha piazzato l’Italia al 25° posto fra i 28 Paesi UE.[/fusion_text][fusion_text]

fonte: repubblica.it

 

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I dati personali in tutta Europa

Se un abbonato telefoni­co acconsente alla pub­blicazione dei propri dati, questo via libera vale anche per il trattamento dei suoi dati in un altro stato dell’Unione europea. In aggiunta, l’abbonato non dovrà dare nuovamente il suo consenso alla trasmissione degli stessi dati da parte del proprio operatore a un’altra impresa, qualora gli venga garantito che i dati in questio­ne non saranno utilizzati per scopi diversi rispetto a quelli per cui sono stati raccolti. In sostanza, il via libera al trattamento dei dati telefonici personali diventa universale ed europeo; con la conseguen­za che una qualunque azien­da competitor di un qualun­que altro stato dell’Unione europea potrà utilizzare quei dati per profilare il cliente e proporre le proprie offerte di mercato. Questo è quanto si legge nella sentenza della Corte di giustizia Ue (seconda sezione) del 15 marzo 2017 nella cau­sa C-536/15 sul consenso di un abbonato telefonico alla pub­blicazione dei propri dati.

fonte: Italia Oggi

 

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